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Serie Rishikesh I

Una serie abbastanza impegnativa, di cui esistono diverse varianti, da affrontare con attenzione

Serie Rishikesh I
13 dicembre 2006

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Glossario sanscrito

Ci portiamo seduti in posizione ferma e comoda. Occhi chiusi, respirazioni lente e profonde.

Stiamo entrando in uno spazio diverso: eliminiamo ogni pensiero, ogni preoccupazione; portiamo l'attenzione al respiro: sentiamo che in noi entra prâna, l'energia vitale, che sostiene ogni essere vivente. Tutto il nostro corpo se ne colma.

Col nostro essere in unità ora ci apprestiamo ad iniziare la nostra sâdhana (pratica spirituale).

Nota: la serie qui proposta non è adatta ai principianti, che dovranno eseguire prima una sequenza di riscaldamento e praticare solo sotto la supervisione di un insegnante qualificato.

  1. Sarvângâsana - la candela

Lentamente sciogliamo la posizione.

Ci rilassiamo qualche attimo, rimanendo concentrati su Vishuddha ed immaginiamo di respirare con la gola, lentamente. Il prâna entra a poco a poco e colma le vertebre cervicali; un attimo di pausa, immaginando calore nel chakra nel quale siamo concentrati, poi espiriamo altrettanto lentamente. Ripetiamo questa respirazione altre due volte.

  1. Halâsana - l'aratro

Ritorniamo al tappetino con movimento continuo e lento e ci abbandoniamo per un momento eliminando ogni contrazione del corpo, abbinando mentalmente alla respirazione il mantra so 'ham («io sono Quello» - so durante l'inspirazione, 'ham durante l'espirazione). Teniamo la mente concentrata sul nostro respiro.

Lentamente l'attenzione si sposta al corpo. Viviamo ora una posizione di compensazione, che libera e tonifica il collo e facilita la respirazione toracica e clavicolare.

  1. Matsyâsana - il pesce

Sciogliamo la posizione lentamente. Cerchiamo di essere presenti con tutto il nostro essere anche nelle pause. Respiriamo in Ujjayi. Il respiro esce con un leggero suono che ricorda l'onda della risacca che arriva fino ai nostri piedi, poi espirando si allontana. Siamo presi dall'immensitĂ  dell'oceano.

Siamo distesi, alziamo le braccia lentamente e le portiamo al terreno, oltre la testa.

  1. Pascimottanâsana - la pinza

Dopo aver allungato la colonna vertebrale ed esserci concentrati (a seconda della posizione raggiunta) per i principianti a Mûlâdhâra chakra e per i più avanzati in Manipûra chakra, lentamente torniamo distesi. Rilassandoci, sentiamo un senso di scioltezza e di benessere.

Poi la concentrazione va alla respirazione: un Bhastrikâ («mantice») leggero e rapido renderà il diaframma più mobile e lo libererà da ogni contrazione.

Terminato il prânâyâma cominciamo a visualizzare dentro di noi e vivere la posizione successiva.

  1. Bhujangâsana - il cobra

Sciogliamo lentamente la posizione, portando prima il mento, poi il naso ed infine la fronte al terreno. Portiamo le mani a terra, la destra sopra la sinistra, la guancia sinistra sulla mano destra.

Ascoltiamo la nostra colonna vertebrale ed iniziando dal basso cantiamo mentalmente i bîja-mantra (LAM, VAM, RAM, YAM, HAM, OM) 3 volte, spostando la concentrazione su ogni chakra, quindi proseguiamo la sâdhana.

  1. Salabhâsana - la locusta

Quando abbiamo completato la posizione ritorniamo con le braccia davanti al viso, a terra. Mano sinistra sopra la destra, guancia destra sulla mano sinistra.

Portiamo l'attenzione sull'area pelvica; sappiamo che Mûlâdhâra è situato fra genitali ed ano, ma immaginiamo di vederne l'immagine alla base della colonna vertebrale: all'interno di una zona gialla un fiore di loto con quattro petali rossi e al centro un quadrato. Meditiamo quindi sul quadrato: cosa indica questo simbolo?

Riportiamo ora attenzione al nostro corpo, disteso sul tappetino, e ci prepariamo all'ultimo piegamento all'indietro.

  1. Dhanurâsana - l'arco

Sciogliamo la posizione e ci rilassiamo, rimanendo distesi sul ventre. La concentrazione va portata a Manipûra e lì visualizziamo un triangolo rosso con la punta verso il basso. Ad ogni inspirazione il colore rosso si accende e sembra che bruci come una brace, durante l'espirazione sembra spegnersi. Ripetiamo diverse volte.

La concentrazione si impara anche in queste pause. Ricordiamo che anche le pause fanno parte della sâdhana, quindi coinvolgiamo tutto il nostro essere e facciamo in modo che la mente sia concentrata su quello che facciamo.

Completiamo la serie dei piegamenti avanti e indietro con una torsione.

  1. Ardha Matsyendrâsana

Sciolta la posizione, che stira e allunga tutti i muscoli tramite la torsione della colonna vertebrale, portiamo le braccia a terra oltre la testa e uniamo i pollici delle mani, premendo i polpastrelli uno contro l'altro. Mentre i muscoli del nostro corpo si distendono ci concentriamo sulle sensazioni che avvertiamo nel punto di contatto.

Torniamo infine con le mani ai fianchi e ci prepariamo mentalmente all'ultima posizione della sequenza.

  1. Sîrsâsana - la posizione sulla testa

Scendiamo lentamente ma non riprendiamo subito la posizione distesa: poniamo le mani a pugno una sull'altra, la testa appoggiata ai pugni ed attendiamo qualche attimo prima di distenderci supini; descriviamo quindi dei movimenti lenti con la testa, verso destra e verso sinistra, abbinati alla respirazione. Quando sentiamo che la circolazione sanguigna è ripristinata normalmente ci portiamo seduti.

Immaginiamo all'altezza del cuore un uovo dorato: dopo qualche minuto di concentrazione - per trasformare l'immaginazione in visualizzazione - cominciamo a respirare lentamente col naso: ad ogni inspirazione questa luce si allarga, espandendosi leggermente nello spazio dentro ed infine intorno al nostro corpo. Effettuare almeno undici inspirazioni ed espirazioni prima di arrivare a sentire che ora quell'uovo dorato si è espanso tanto da contenere tutto il nostro essere.

Rimaniamo qualche minuto concentrati su questa immagine, che rappresenta la nostra realizzazione; visualizziamoci pieni di luce e ripetiamo tre volte: «io voglio la mia realizzazione». Poi, seguendo il percorso inverso, osserviamo la luce che si contrae fino a visualizzare l'uovo dorato all'altezza del cuore. Ripetiamo infine: «io sono quel seme eterno» (so 'ham).

A poco a poco lasciamo svanire l'immagine, ci distendiamo e ci abbandoniamo, continuando a ripetere mentalmente: «io sono quel seme eterno», finché il mantra non si dissolve in una vibrazione che ci pervade.

di MP

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