«Alcuni seguaci (jñâna-yogin) offrono tutte le attività dei sensi e le funzioni della loro forza vitale come oblazioni nel fuoco yoga del controllo interiore nel Sé, acceso dalla Conoscenza (dell'Assoluto)». (Bhagavadgîtâ IV, 27)
Lo jñâna-yoga è uno dei quattro sentieri realizzativi dello yoga. Come le altre vie: karma-yoga, bhakti-yoga, râja-yoga, ha come unica meta l'unione dell'anima individuale con quella universale.
Lo jñâna-yoga realizza la liberazione dal ciclo delle rinascite tramite la Conoscenza Metafisica. E' un cammino estremamente duro, fra i quattro percorsi dello yoga, è sicuramente il più complesso, consigliato dai guru di tutti i tempi soltanto ai discepoli particolarmente intellettuali, portati per lo studio e la speculazione filosofica.
Lo jñâna yogin si interroga sui grandi interrogativi che hanno interessato l'uomo fin dall'inizio dei tempi: qual è la nostra vera natura, chi siamo noi, qual è l'intima «realtà » delle cose, qual è il mistero della vita e dell'universo... É negli antichi testi e nella saggezza dei grandi maestri che egli trova la risposta alle sue domande. Egli è uno studioso del Vedânta ovvero delle Upanishad, parte finale dei Veda, che ha contenuto speculativo e filosofico. Tramite la Brahma jñâna, la conoscenza di Brahma, egli comprende che il mondo così come ci appare non è la «realtà », ma qualcosa di costantemente mutevole e pertanto non reale, mâyâ, (concetto assimilabile a quello di prakriti in Patañjali). Comprende che la vera realtà è soltanto il Brahman, l'Assoluto, che ha natura immutabile ed eterna e che anche la vera natura dell'anima individuale non è altro che Brahman.
Tramite la conoscenza, lo yogin si libera della sofferenza dovuta all'ignoranza (avidyâ) che agisce come un velo (mâyâ) che impedisce all'âtman o jîvâtman (anima individuale) di comprendere la sua vera natura divina. Nella sua limitatezza ed ignoranza, l'uomo si convince di essere il corpo (deha), i sensi (indriya), la mente (manas), l'intelletto (buddhi), l'ego (ahamkâra), la forza vitale (prâna) ecc. E l'anima crede di essere distinta dal Brahman. Il sentiero della conoscenza rimuove questo velo di ignoranza.
Nonostante l'importanza della speculazione filosofica, lo jñâna-yoga non è un sapere puramente intellettuale, che rimane relegato ad una mera attività di studio e ricerca metafisica. Lo jñâna yogin vive nell'intima convinzione che l'unica realtà sia l'Assoluto ed anela all'unione con esso. Pratica costantemente la meditazione per realizzare l'unione con l'Essere Supremo. Lo jñâna yogin basa la sua esistenza sulla convinzione che (nelle parole del grande filosofo Vedânta Shankaracharya):
- Bhraman è reale
- L'universo è irreale
- Brahman ed âtman (anima individuale) sono uno.
Nella vita quotidiana egli mira a sviluppare:
«Comprendi questo, Oh Arjuna! Abbandonandoti (al guru), ponendo domande (al guru e alla tua percezione interiore) e servendo (il guru), i saggi che hanno realizzato la Verità ti impartiranno la saggezza. Ricevendo questa conoscenza da un guru, o Pandava, non cadrai più nell'illusione come ora! Con quella saggezza vedrai l'intera creazione nel tuo Sé e poi in Me (nell'Assoluto)». (Bhagavadgîtâ 34-35) di Tiziana Risi
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