Un uomo, che molto aveva vagato per il mondo, al termine dei suoi viaggi affermava di essere riuscito a trovare il silenzio solo dentro di sé. Se però non ci si è mai fermati a ricercare, quando si prova a raggiungere il cuore del proprio essere, rapidamente ci si allontana, spaventati dal vuoto, dal buio, dall'inquietudine che questo tentativo può procurare.
Eppure l'esperienza di guardare dentro sé stessi è la più vera e importante che un individuo possa provare.
Le dimensioni profonde sono normalmente inaccessibili all'essere umano, perché questi di solito si immedesima nel proprio corpo e conosce solo lo stato pesante della sua corporeità , rimanendo in tal modo legato alla vita, incatenato al contingente.
Per spiegarne la ragione in India si narra di Varuna, il dio legatore, la cui arma è Mâyâ, l'illusione creatrice di forme e vane speranze - che si precisano in forma di vincoli, come malattie, sofferenze, senso di impotenza - che avvolge gli esseri nell'oscurità della non manifestazione.
L'uomo è costituito tanto di spirito quanto di materia: il principio spirituale non si modifica manifestandosi nel mondo e benché l'energia spirituale e la sua potenza siano la stessa cosa, grazie al velo di Mâyâ si esprimono tramite una dualità , che è possibile ritrovare anche nel mito dei Titani.
Essi uccisero Dionisio, figlio di Giove, e si cibarono in seguito delle sue spoglie; il padre degli dei, adirato, li distrusse con il suo fuoco e dalle ceneri dei loro corpi nacque l'uomo, costituito di divinità e materia.
Il silenzio non equivale all'assenza di parola ma è espressione di un modo di essere in cui la pace esteriore diventa la proiezione di un profondo e fecondo atteggiamento interiore, raggiunto grazie all'inversione dell'attenzione (illustrata da Patanjali nel sûtra I.29 - pratyak cetanâ ovvero coscienza rivolta verso l'interno).
Essere in silenzio significa creare spazio all'esistenza e alla pace.
Il silenzio si raggiunge poco alla volta, tramite il controllo della parola, evitando dispersioni di energie, creando momenti di solitudine e di riflessione affinché anche la mente si acquieti; si cerca il silenzio per trovare il nostro essere profondo, perché ne affiori la voce e possa esprimersi e affermarsi come verità ed esigenza di coscienza.
Nel sûtra I.12 Patanjali spiega come ottenere il silenzio mentale: occorrono esercizio costante, non attaccamento, impegno e volontà per garantire la continuità della ricerca; a queste vanno unite anche la devozione e la reverenza altrimenti si corre il rischio di rimanere bloccati nelle trappole dell'ambizione e dell'orgoglio.
In questi tempi sono poche le persone disposte a sottoporsi ad una seria disciplina; si cerca infatti di evitare qualsiasi impegno, anche se si è poi pronti a lamentarsi del mondo in cui si vive, in cui sembra rivestire un ruolo di primo piano la dea Nirriti, simbolo del decadimento morale, della miseria, della corruzione, figlia della violenza e moglie di Adharma, che rappresenta il disordine e l'ingiustizia. Forse sarebbe bene prendersi per mano e portare avanti la propria ricerca nonostante quello che all'inizio viene vissuto come sforzo ma che gradulamente si tramuterà in serenità e saggezza.
Lo sforzo e la disciplina ad un certo punto del percorso di crescita sono infatti indispensabili per scuotere l'anima dal suo torpore e dalla sua ignoranza, permettendo così all'uomo di vivere quel silenzio che è in realtà conquista d'amore. di MP
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