Messaggioda HathaJo » 29 gennaio 2006, 9:54
In fondo, che si parta dal concetto di ribaltamento della naturalità dei comportamenti (ipotesi di AT-Eliade) o dal recupero della naturalità dei comportamenti (ipotesi concorrente, mi sembra di Gb), non cambia nulla.
La cosa essenziale è che comunque si sia verificata una rivoluzione rispetto all'habitus precedente. Ripeto, che il precedente stile di vita fosse 'naturale' o 'corrotto', è ininfluente.
Piuttosto, riportando la questione nei termini dell'efficacia pragmatica (quelli che a me interessano; la teoria, d'altra parte, mi sono accorto essere un terreno piuttosto scivoloso), mi verrebbe da chiedere:
non sarebbe più utile una 'ricerca', a carattere sperimentale (e quindi da condurre ognuno per proprio conto, su sè stesso), che si occupi di scoprire, nella pratica degli asana, pranayama, dharana... quel modus operandi da cui possiamo trarre il massimo dei risultati? Lo yoga, infatti, non è forse l'arte di ottenere il massimo... con il minimo...? (Es. la massima energizzazione con il minimo dispendio) Quindi suppongo debba esistere, per ciascun individuo, un modo, del tutto soggettivo e individuale, ritagliato al caso suo (Krisnamacharya), per trarre il maggior profitto da pratiche codificate in maniera generica e universale.
In questo modo, forse, ci si avvicinerebbe un po' di più all'essenza di sè stessi (conoscenza di sè) e dello Yoga.
Jo