Messaggioda Miranda Fey » 6 ottobre 2007, 12:59
Paolo: "se il sesso è uno strumento e la sessualità la
sua fruizione/funzione chi è che usa lo strumento e
quale è lo scopo?
sesso come centro motore.
sessualità come funzione.
e lo scopo?
la riproduzione?
senza dubbio sì."
AT: "C'è una cosa che non capisco. Le fantasie sessuali,
specialmente quando si è molto giovani, mi sembrano un
processo piuttosto naturale."
Dicono, taluni, ch'Anthropos, Uomo Assoluto, Androgino immortale, si frammentasse nella compagine delle forme particolari dell'universo sensitivo.
Esso informò d'uno spiritetto i corpicelli degli arbori e delle bestie e delle figurette umane, compartendo, come in terra dev'essere, la Natura prima nelle nature, opposte e complementari, solare e lunare.
Ciascuno spirito par che d'allora esperimenti la prismatica varietà delle sussistenze terrene sino a vestirsi d'umane fattezze. E, fattosi uomo (e, dacché uomo, centauro, mezza bestia e mezzo dìo), par che gli sia dato di regredire allo stato primevo dell'Uomo Universo, per la virtù dello strumento dell'intelletto.
Perché s'affanna invero l'uomo? Per nostalgia. Di che? Del Vero. Che sia il Vero? Cio che Sia. Che cosa è? Tutto quanto non muti. Che cosa non muta? Quel che non si muova. Che cosa non si muove? Quel che non sia mosso. Da che cosa si è mossi? Dall'oggetto della brama. Che cosa suscita brama? Quel che possa colmare. Dunque non si muove quel che sia pieno in se stesso: L'Androgino, ingenerato, imperitutro.
Esso non si muove e tuttavia muove, poiché alla sua condizione ciascuno anela.
Non convenite, signori, che noi tutti non abbiam che un anelito che squilla il suo impero nei domini della carne, del corpo, e che sia il Piacere? E da che cosa è generato esso se non dal possesso della Bellezza? Simili, dunque, i caratteri dell'Androgino, il quale è immortale frequenza armoniosa (Bellezza) e Pulsione senza Tensione.
Ah, come potrà l'umana creatura, coatta al regno incantato della Natura, rifarsi Creatore, se questi si cela, vestito della Materia? Chi disvelerà il corpo del Dio, che in un velo d'incanti s'occulta? Varcando la soglia di quali portali accederemo al suo cospetto? E quale chiave ci schiuderà il portale?
Il maschio avvicina la soglia femminina.
Alla sua porta impone un itifallo, avita chiave. Essi intravedono un elisio lucore; la porta si schiude; li sopraffà una visione: Anthropos, privo di vesti, nella beatitudine dell'immortalità, compreso da se stesso, Essere in stato di Necessità.
Ah, dove vive costui? Fuori della Natura? Dentro, piuttosto. Sotto. Al di là, forse. Si può coglierlo forse eludendo la natura medesima? Ah, non si incorrerebbe che nel male esiziale della separatezza (unico, tra i mortali, male).
Può veder la dama nuda colui che non la svesta ma volga l'iride altrove, dacché la veste è ragione d'impaccio? (Così fan certi anacoreti, che vogliono il dio e ricusano il mondo).
Essi dunque (gli amanti) conoscono Anthropos, ch'è Luce nella materia, se solo essi attraversino la Materia e si spingano oltre. Se solo essi colgano il Bello mondano ed intellegano l'oltremondano.
Che cosa, dunque, faranno gli Amanti dinnanzi al dio? In verità all'arbitrio mortale il decreto.
I più concretano l'epifania dell'Androgino nella materiazione del Fulgore di quello in forma orgasmastica, la quale forma non è se non l'atto della chiusura degli schiusi portali, il quale concede agli amatori una stilla dell'oro e reca, talora, con l'oro, uno spirito in terra.
Varca dunque il dio la soglia, per costoro, e si mostra, e quasi, per un istante, tra i vivi mortali appare, e talora s'incarna nel Figlio.
Talaltri varcan loro stessi la soglia, né più fan ritorno.
Per questa porta, infatti, il dio si fa uomo, o l'uomo dio.
Questa è la porta, mio caro AT, che conduce le anime al ciclico regno della Natura, che fuori di esso può condurle.
Simili celebrazioni chiameremo noi "naturali"? Le designerei piuttosto "rituali", mostrandosi esse quali disegni volontaristici nell'uomo. La Volontà, si converrà, può ben al di là della Natura, la quale non ha orientamento che quello di perpetuare l'assetto delle cose del mondo.
Lella: "a sto punto è + facile x una donna divenire
taoista naturale senza neanche rendersene
conto....xchè non dico in tutte, ma nella maggior
parte sì, si accende un amore grande nel cuore, dove
in automatico nasce poi la passione, un desiderio
profondo di comunione e compenetrazione fisica con l
uomo da cui si sente attratta..."
In merito alla natura femminina, mia buona amica, la definirei più rarefatta e per innatismo compresa delle forze celesti.
Così come il maschio fu provvisto d'una salda struttura corporea, atta a salvaguardare la minuta leggerezza della Fanciulla, così la Fanciulla medesima fu informata d'uno spirito meglio teso alla permeazione del Mistero universo ed eletta Beatrice e custode dell'animo mascolino. D'un simile potere non si vada fiere, né se ne abusi.
Coloro che perseguano consapevoli lo stato dell'androginìa non son punto soggetti a un tal genere di distinguo.
Si diffidi inoltre da quelle animule femminili le quali, celatesi dietro la maschera dell'amore emozionale, piuttosto, alla stregua dei succubi dello stato onirico, pongono il proprio dominio sull'uomo che hanno arbitrariamente trascelto quale vittima della propria sete.
Costoro, demoni malcelati, impongono il vincolo d'una perpetua schiavitù alla preda che deprivano del plasma vitale.
Il nodo d'amore sia un serto di rose, non una morsa. Da questa si toglie per natura e saggiamente il povero maschio. Esso, alla stregua d'una belva braccata, tenta intravedere la fuga e la salvezza.
Similmente diffidi la Sacerdotessa da quegli spiriti mascolini irriducibili alla salvazione e che piuttosto, belluinamente dediti alla vita del basso ventre, la condurrebbero, essa stessa, ad immondi abissi.
lELLA: "poi sempre sta competizione tra donne anzichè
complicità, sorellanza , fiducia e amore....insomma..."
CIRCA LA SORORANZA
Conversammo sino a tarda notte della natura del mondo. Degli dèi, sovrani e custodi. La vidi scintillare alla stregua d'un tizzo d'Efesto, al buio estivale. Imbracciava uno strumento canterellando. Vidi mai più bella signora? Dalle iridi, immacolate e colme d'un sole suo proprio, promanava Bellezza e Audacia. Senza mende. Senza velo. Due cantatrici e una sola notte; un solo uomo, anche, o l'ombra di quello, in lontananza. Una bestiola sconfortata.
Dopo aver sussurrato, albeggiando il giorno, l'inno agli asfodeli, a noi così noto, quasi una nenia comune, ella volge a me lo sguardo, lacrimando dagli occhi una luce divina. Ed io la riguardo. Non m'apostrofa. Tace, ma si avvicina, avvolta in un manto purpureo. Mi stringe e avvicina il pallore del volto al mio volto incantato. La stringo e sussulto per l'ardore del labbro. Una celebrante mi stringe, una celebrante mi bacia. Ed io non avevo più nome, né persona. Ch'io fossi un uomo non si sarebbe detto, ma avreste detto che fossi una donna, una sola donna? In Sara baciavo la dèa. E la sua chioma era tessuta dalle mie dita, la mia dalle sue. Il fanciulletto, lontano, osservava, impietrito. Oh, fanciulletto, perché t'allontani? Quest'amore, cui leviamo inni, è forse nostro? Mio e della sola Sara? Oh, che torto all'umano consorzio! Raggiungici, piccolo amico e fatti beare! Costui ci raggiunse, tra noi si frappose che mormorammo della ferocia maschile.
Egli, torturato da se stesso, si fece bear da noi. Sara lo ricopriva di teneri baci, sottili come fiori caduchi, ma stringeva la mia mano ed io carezzavo i suoi capelli. Lui mi guardava. Ci guardavamo, in tre, per Amore. Oh, decada il mistero, né la malizia ottunda le nostre sensitività! Solo Amore. Riposammo così, nel talamo d'un quarto, stretti meditando i segreti del contatto e del legame.
"Questi sono i Segnali per le Locande della Natura/
Il suo aperto invito/
A Chiunque sia affamato/
A gustare il suo mistico Pane"