Paolo proietti ha scritto:In sanscrito la qualità di un cibo, un fiore, una persona è detta rasa.
Si traduce con sapore, di solito, ma anche l'essenza di un canto antico, di una danza d'amore o di un grido di guerra è rasa.
Ed è rasa l'emozione che nasce, come per magia, da quel canto, quella danza, quel grido.
È il senso dell'Acqua, il quarto elemento (bhūta) della fisica indiana.

Si torna sempre a bomba, nello yoga.
Idee, gesti, simboli ci riportano sempre al miracolo della creazione e alla corrispondenza, sbalorditiva nella sua prevedibilità, tra grande e piccolo, tra microcosmo e macrocosmo.
Nella mano ad esempio, c'è l'universo intero.
Il potere generante dell'Acqua si riconosce nel quarto dito.
Lo chiamano anulare perché indossa la fede d'oro degli sposi.
Il medio è il Fuoco. Il mignolo è la Terra e l'indice l'Aria
Il pollice, primo a dispiegarsi e ultimo a chiudersi nel pugno, è lo Spazio.
Ogni elemento porta con sé un'energia, una percezione, una serie di organi del corpo.
Il potere dell'acqua è la generazione.
L'Acqua è la memoria, e anche il sesso, e la lingua coi suoi cinque sapori.
Nello Hatha Yoga rasa, il senso dell'acqua indica anche il mercurio nel senso di nettare, seme, ambrosia.
E il nettare, il succo della vita, sono le emozioni.
Il lavoro sulle emozioni (Rasa) e sui sentimenti (Bhava) è la base dell'arte indiana.
E lo Yoga è un'arte.
Praticare Asana in maniera meccanica, senza tener conto del sapore (rasa) di ogni movimento ed ogni posizione, delle emozioni e dei sentimenti che stanno dietro l'asana e vengono provocati dall'asana, significa fare ginnastica.
Il che non e male.
Ma la ginnastica non é yoga.
Così come dedicarsi all'auto osservazione senza aver fatto i conti con le proprie pulsioni e le "radici" di certi blocchi psichici, è un ottimo esercizio mentale, ma non è yoga.
Il distacco di cui parlano i testi indiani, ovvero la quieta osservazione dei propri moti psichici passa attraverso la trasformazione delle emozioni negative.
Più si procede nella pratica o sadhana e piu i nemici interiori si fanno sottili.
La parola सधन Sadhana è formata dalle parole धन dhana, che significa soldi, denaro, ricchezza, dono, prezzo, ricompensa, e स sa, che in genere sta per “Lei! (sā), ma nello yoga sta ad indicare la शक्ति śakti, la Dea intesa come energia creatrice.
Sadhana è ciò che porta alla ricchezza o che fa ottenere una ricompensa.
Nel sadhana,che possiamo intendere anche come allenamento occorre fare grande attenzione ai "nemici interiori".
Supponiamo che uno lotti con tutto se stesso per annichilire il proprio ego.
E supponiamo che per farlo impari a controllare o trattenere talune pulsioni che reputa negative.
Il desiderio di affermazione personale, ad esempio.
Il desiderio di essere riconosciuto come maestro o praticante esperto o persona di grande cultura, carisma, fascino.
Il desiderio di imporre la propria volontà o il proprio punto di vista su tutto e tutti.
Il desiderio di dar sfogo alla propria rabbia.
Il praticante onesto riconosce in sé certe pulsioni, quando emergono.
E, a volte, quasi automaticamente, le sotterra.
Ne impedisce l'emergenza.
Più si avanza nella pratica, meglio si riesce a controllare rabbia, paura, desiderio.
Un romanzo del 1796 scritto da Matthew Gregory Lewis, “Il Monaco”, racconta la storia di Ambrosio, un prelato bello è intelligente.

E' considerato un santo, Ambrosio.
Un giorno scopre che un suo confratello, Rosario, in realtà è una donna, Matilda, che si finge uomo per stargli vicino.
Le energie vitali tenute a freno per anni, emergono improvvisamente.
Il sant'uomo si trasforma in assassino e stupratore.
Si dedica alla magia nera e finisce per vender l'anima al diavolo.
Si tratta di un romanzo "nero" pieno di esagerazioni, ma leggerlo ponendo l'attenzione sul rapporto che il Monaco instaura con le proprie emozioni può risultare assai utile.
Una delle parole sanscrite usate a proposito della trasformazione delle energie è नीहार nīhāra, che sta ad indicare anche, credo, la nebbia del mattino.
Nīhāram iva bhāskaraḥ, e scritto nel Ramayana (VII, 6, 16).
“La nebbia svanisce al primo sole”.
Basta un po' di luce, un po' di calore e Nihara scompare da solo.
Se seppelliamo nel nostro inconscio le emozioni, le pulsioni che riteniamo indicibili o negative, si faranno sempre più forti e potenti e prima o poi, riemergeranno.
Tanto più violentemente quanto più in profondità le avevamo nascoste.
Quando i nostri “nemici interiori”, le pulsioni nascoste, arrivano alla luce della coscienza, bisogna chiamarle per nome e rendersi conto che ci appartengono.
E' impressionante osservare in questa fase, il fenomeno della proiezione.
Proseguendo nella ricerca spirituale si giunge, talvolta, a credersi esseri puri, o distaccati dalle pulsioni del corpo, o qualcosa di più degli altri.
E questa illusione gratificante si fa strada nel nostro subconscio e comincia a lavorare sottotraccia.
Difficile riconoscere in noi certi meccanismi.
Più facile osservarli negli altri.
In un certo senso gli altri sono sempre nostri maestri.
Ci danno l'opportunità di riconoscere le nostre emozioni e di imparare a viverle alla luce del giorno.
